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Andrea Laszlo De Simone e la sua Una Lunghissima Ombra

Un disco da vedere. Un film da ascoltare. Un dialogo interiore che è un’indagine sull’essere umano e sul reale”.

Così Andrea Laszlo De Simone ha presentato il suo nuovo progetto, Una Lunghissima Ombra, uscito il 17 Ottobre per 42 Records / Ekleroshock.

Dopo sei anni di silenzio discografico, il cantautore torinese torna con un’opera che sfugge alle definizioni tradizionali: un album, sì, ma anche un poema visivo, una sorta di film interiore che si muove tra immagini e suoni.

Come Andrea, anch’io sono nato a Torino. Forse è per questo che le sue canzoni mi parlano in modo particolare: hanno quella malinconia luminosa, tipica di una città sospesa tra la nebbia e le montagne, capace di custodire un respiro internazionale pur restando profondamente intima.

Quando ascolto Laszlo De Simone mi tornano in mente i grandi cantautori degli anni ’60, le melodie di Luigi Tenco, l’intensità poetica di Gino Paoli, la delicatezza sospesa di Sergio Endrigo.

C’è la stessa urgenza di raccontare l’interiorità, ma tradotta in un linguaggio nuovo, che attraversa generi e tempi.

Accompagnato da un poema visivo di quadri filmici, Una Lunghissima Ombra si articola in 17 tracce che spaziano fra mondi diversi:

la tradizione cantautorale italiana e francese, aperture sinfoniche, passaggi psichedelici e rock, field recording (le così dette registrazioni ambientali o fonografia) e musica concreta ma anche incursioni elettroniche e qualche ricordo beat.

È un disco che non si limita a suonare, ma che costruisce un paesaggio sonoro in cui ci si perde.

Le tracce diventano finestre su pensieri intrusivi, quelli che “finiscono per proiettare lunghe ombre sulla nostra esistenza”.

Il titolo stesso suggerisce una chiave di lettura: l’ombra non è solo assenza di luce, ma anche proiezione, durata, persistenza.

Il tempo è una lunghissima ombra, così come anche la morte e l’amore”, ha detto Laszlo De Simone.

In questo lavoro, l’ombra diventa metafora dei pensieri che tornano e ritornano, che si allungano sul presente e lo trasformano.

Non a caso, tra i brani già anticipati ci sono La Notte, Un Momento Migliore e Quando, titoli che evocano sospensione, attesa, soglie da attraversare.

C’è qualcosa di antico e insieme di estremamente contemporaneo in questo lavoro.

Da un lato la memoria della grande canzone d’autore, dall’altro la ricerca di forme nuove, ibride, che mescolano arti e media.

Per me, ascoltare Andrea Laszlo De Simone significa tornare a un certo modo di vivere la musica: lento, riflessivo, quasi rituale.

Un po’ come succedeva con i vinili dei cantautori che mettevo sul giradischi, ma con la consapevolezza che oggi quell’esperienza può essere anche visiva, collettiva, digitale, fluorescente.

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