C’è qualcosa di inevitabilmente romano nell’idea di ascoltare Mirkoeilcane al Parco del Celio, con il Colosseo che sbuca come scenografia naturale dietro le luci del palco. Ma ridurre la serata a una suggestione da cartolina sarebbe ingiusto: il concerto per il Colosseo Festival 2025 ha dimostrato, ancora una volta, che Mirkoeilcane non è solo “il ragazzo delle storie buffe e malinconiche”, ma un autore capace di trasformare la lingua in materia viva, sospesa tra poesia e ironia.
La scaletta è stata un viaggio ordinato, quasi narrativo, che ha messo in fila l’identità di un cantautore che gioca con i registri e non ha paura di oscillare tra la risata e la fitta nello stomaco. Si parte con “SO CANTAUTORE”, manifesto ironico che ribadisce – con il suo tono semi-serio – cosa significhi oggi rivendicare quella parola pesante, spesso abusata. Poi arrivano i ritratti umani di “PROFILI” e il ricordo smarrito di “Non mi ricordo più”, piccoli sketch di vita quotidiana che fanno sorridere, ma lasciano sul fondo un retrogusto amaro.
Quando attacca “Toro”, la platea vibra: Mirkoeilcane costruisce un personaggio tragicomico che sembra uscito da un film di Monicelli, e lo fa con il suo timbro riconoscibile, graffiato ma caldo. Con “Beatrice” e “Circa una storia”, la dimensione poetica prende il sopravvento, le parole si stendono sul pubblico come confidenze sussurrate.
Il cuore del concerto è una sequenza che alterna gioco e riflessione: “Venissero a cercarmi qui” e “Gusti” accendono la parte più ironica del repertorio, mentre la cover di Baglioni, “Ninna Nanna Nanna Ninna”, spiazza e conquista: Mirkoeilcane la porta a casa con leggerezza, senza reverenza ma con rispetto, riuscendo a darle nuova vita.
Da lì, il flusso si fa quasi teatrale: “Giovanni”, “Gesù” e “Il nipote di Giovanni” sono un trittico che gioca con la narrativa popolare e la trasforma in parabola surreale. E quando arrivano “Stiamo tutti bene” e “Da qui”, il tono si fa politico e intimo insieme: la cronaca si intreccia al vissuto, e il pubblico resta sospeso, a metà tra indignazione e commozione.
Il finale è un crescendo calibrato: “Whisky per favore”, “Per fortuna” e “Se ne riparla a settembre” alleggeriscono con la loro ironia, mentre “In equilibrio” e soprattutto “Povera me” chiudono la serata riportando tutti al nocciolo della sua scrittura: una fragilità che non è mai debolezza, ma sguardo lucido sul caos di vivere.
Mirkoeilcane ha dimostrato che si può essere cantautori nel 2025 senza indulgere nella nostalgia o nella retorica. La sua forza è proprio nel linguaggio: ironico ma mai superficiale, poetico ma mai stucchevole. Il Colosseo sullo sfondo era lì a ricordare la grandezza della Storia, ma sul palco c’era qualcuno che sa raccontare – con chitarra e parole – la grandezza delle piccole storie di oggi.