Ci sono date che sembrano fatte apposta per cambiare le cose.
Il 21 Giugno 1965, in piena estate californiana, usciva il primo album dei Byrds intitolato Mr. Tambourine Man.
E se é vero che all’epoca in pochi se ne accorsero davvero, quel disco avrebbe aperto la porta a un modo tutto nuovo di fare musica.
Il folk e il rock, fino ad allora due mondi separati, si incontravano per la prima volta in equilibrio perfetto.
Il risultato? La nascita di un genere nuovo: il folk rock.
I Byrds non erano i primi a mescolare generi, però furono i primi a farlo con quel tipo di chiarezza, immediatezza e forza comunicativa.
Roger McGuinn, Gene Clark, David Crosby, Chris Hillman e Michael Clarke provenivano da esperienze diverse, ma avevano una cosa in comune: l’amore per il folk e per i Beatles.
McGuinn portava la sua chitarra a dodici corde e una voce ipnotica, Clark scriveva con un senso melodico raro, Crosby (che nel tempo abbiamo amato in altre formazioni) iniziava a distinguersi per le sue armonie complesse.
Insieme, questi ragazzi di Los Angeles riuscirono a creare un suono che sembrava arrivare dal futuro, pur radicandosi nella tradizione.
La scintilla, però, venne da fuori direttamente da New York e da Bob Dylan.
La sua Mr. Tambourine Man, scritta tra la fine del ’63 e l’inizio del ’64, era una ballata lunga, poetica, dilatata nei tempi e nei respiri.
I Byrds ne ricevettero un demo grezzo, chitarra acustica e voce, poco adatta a una hit radiofonica.
Ma McGuinn ebbe un’intuizione: cambiò l’arrangiamento, rese il tempo più serrato, e costruì attorno al testo una struttura pop di due minuti e mezzo con un suono “alla Beatles“.
Il risultato non era più solo Dylan era qualcosa di nuovo, un Dylan in technicolor, con armonie vocali e una Rickenbacker (per chi non lo sapesse una chitarra prodotta negli USA), che brillava come il sole di Venice Beach.
Nel Marzo ’65 Bob Dylan si presentò al prestigioso Ciro’s a Hollywood, sulle note di Mr. Tambourine Man suonata live dai Byrds esclamò:
“Wow, man, you can even dance to that!” (Wow amico, così la puoi anche ballare).
Le sue parole, semplici ma potenti, consacrarono ufficialmente quella trasformazione, sancirono la nascita di un folk elettrico, capace di far muovere il corpo e allo stesso tempo arrivare a toccare l’anima.
Le leggende dicono che per la registrazione del singolo, vennero coinvolti i session-men della Wrecking Crew (nessuno lo ha mai confermato), un gruppo di turnisti i Los Angeles che arrivavano da diverse esperienze musicali.
Quando il singolo uscì, era l’Aprile del ’65, il successo fu travolgente.
In poche settimane, Mr. Tambourine Man scalò le classifiche americane e inglesi.
Nessuno aveva mai sentito qualcosa di simile, testi profondi e visionari, ma suonati con lo stile dei Beatles.
La stampa cercò di capire come chiamare quel nuovo ibrido e alla fine trovò due parole semplici, ma perfette:
Folk Rock.
Fu la prima volta che si usò quel termine e da allora, divenne un genere vero e proprio.
L’album come detto uscì il 21 Giugno, cavalcando l’onda fortunata del singolo.
Dentro c’erano altre cover di Dylan, ma anche brani originali scritti da Gene Clark e altri.
I’ll Feel A Whole Lot Better, Chimes Of Freedom, The Bells Of Rhymney, ogni singola canzone sembrava voler ampliare il confine del possibile.
Era folk si, ma aveva il ritmo del pop.
Era rock, ma con la profondità della tradizione acustica.
La produzione era molto moderna, pulita, realizzata con l’aiuto di alcuni musicisti di studio per le parti strumentali (questa era una pratica comune all’epoca, lo fecero anche i Beach Boys).
Ma da lì in avanti, furono i Byrds a suonare tutto.
Una delle conseguenze più sorprendenti dell’uscita di Mr. Tambourine Man, fu la reazione di Dylan stesso.
Fino a quel momento, era stato il profeta del folk acustico, ma dopo aver sentito la reinterpretazione dei Byrds, capì che quel suono poteva essere il futuro.
Poche settimane dopo infatti, entrò in studio con una band “elettrica” per registrare Like a Rolling Stone.
E nel Luglio successivo, al Newport Folk Festival, salì sul palco con una chitarra elettrica, spaccando in due il pubblico.
Alcuni lo fischiarono, altri capirono che stava succedendo qualcosa di importante.
In entrambi i casi comunque, i Byrds avevano aperto una nuova strada.
Dopo la pubblicazione di Mr. Tambourine Man, nulla fu più come prima.
I Byrds continuarono a evolversi, aprendo anche alla psichedelia (Eight Miles High ne è un chiaro esempio) e al country rock (ascoltatevi Sweetheart Of The Rodeo).
Ma quel primo disco resta il più iconico.
Influenzò molti artisti che si affacciavano sulla scena statunitense come Simon & Garfunkel e i Jefferson Airplane.
Ma anche artisti arrivati nei decenni successivi come Tom Petty, R.E.M., Teenage Fanclub e Smiths.
Il suono brillante della Rickenbacker a dodici corde, diventò simbolo di un modo di sentire la musica, nostalgico e moderno allo stesso tempo.
Oggi, a sessant’anni di distanza, è impossibile non guardare indietro con stupore e meraviglia.
In un’epoca in cui tutto sembrava diviso, acustico contro elettrico, tradizione contro sperimentazione, i Byrds mostrarono che si poteva creare qualcosa di nuovo proprio unendo gli opposti.
Il 21 Giugno del 1965, non fu solo l’uscita di un disco, fu un momento di passaggio.
Un piccolo terremoto culturale, un’esplosione di armonie, idee e suoni che ancora oggi riecheggiano, ogni volta che una chitarra “jangle” ci fa battere il cuore.
Trovate il tempo di ascoltarlo per intero e non ve ne pentirete, ne sono certo.