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I 100 anni della radio in Italia

Era il 6 Ottobre del 1924.

100 anni fa venne inaugurata a Roma la prima stazione radiofonica italiana, gestita dall’URI (Unione Radiofonica Italiana).

Era una società privata che ottenne dal governo il monopolio per la diffusione delle trasmissioni radiofoniche.

La programmazione iniziale era piuttosto semplice e comprendeva prevalentemente concerti e notiziari.

Tre anni dopo, nel 1927, l’URI si trasformò in EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), consolidando il proprio ruolo di emittente nazionale.

Con il sostegno del regime fascista, che capì il potere di questo nuovo mezzo di comunicazione, la radio iniziò a ricoprire un ruolo importante nella diffusione della propaganda governativa.

Con la fine della Seconda Guerra Mondiale e la caduta del fascismo, l’EIAR venne riformata e nel 1944 nacque la RAI (Radio Audizioni Italiane).

In questo periodo, la radio si propose come strumento di ricostruzione e diffusione dei valori democratici.

Si assistette a un’importante riorganizzazione delle frequenze e dei programmi, con una maggiore attenzione all’informazione libera e al pluralismo delle opinioni.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, la radio consolidò il proprio ruolo di mezzo di intrattenimento e cultura, proponendo programmi di varietà, quiz e trasmissioni musicali.

Tra i più celebri si ricordano “Il Gazzettino Padano”, dedicato all’informazione locale, e le prime radiocronache sportive, che contribuirono a far conoscere e diffondere la passione per il calcio e per altri sport in tutto il Paese.

La radio fu anche il primo mezzo che trasmise il Festival di Sanremo, era il 1951 e a condurre la manifestazione c’era Nunzio Filogamo.

Gli anni Settanta sono quelli che rappresentano una vera rivoluzione nel panorama radiofonico italiano.

Nel 1976 la Corte Costituzionale sancì la fine del monopolio RAI per le trasmissioni via etere a livello locale, aprendo la strada alla nascita delle cosiddette “radio libere”.

Queste stazioni private, spesso animate da giovani appassionati, introdussero nuovi format e nuove voci, contribuendo a dare spazio a generi musicali e opinioni fino ad allora marginalizzati.

Nacquero così radio come Radio Radicale, Radio Popolare e molte altre, che divennero presto punti di riferimento per un pubblico giovane e politicamente attivo.

Questa nuova ondata portò un cambiamento significativo nel linguaggio radiofonico e nella struttura delle trasmissioni.

Le radio libere diedero spazio al dibattito politico, ai programmi di intrattenimento più informali e all’approfondimento culturale, rinnovando il panorama comunicativo del paese.

Come viene ben raccontato in Radiofreccia e in I Love Radio Rock (che però parla delle radio pirate britanniche degli anni ’60), erano gli stessi speaker che portavano da casa i loro dischi.

Così in molti conobbero il prog-rock dei King Crimson, dei Genesis e dei Pink Floyd.

E ancora Bob Marley, i Police e i Sex Pistols.

Conquistarono spazio i cantautori come Guccini, quelli che nelle canzoni affrontavano temi che la censura di mamma RAI bloccava.

Non c’erano regole, ognuno riempiva il suo spazio con musica e contenuti che gli appartenevano.

Ricordo bene i miei inizi, capitava di ascoltare la stessa canzone in ogni fascia, perché tutti noi volevamo passare il disco del momento.

Solo con la nascita dei network sono arrivate le “regole”.

Sono nati i programmatori musicali e le radio hanno cercato una loro identità.

Oggi il panorama radiofonico italiano, è ricco di stazioni tematiche e generaliste, con un mix di emittenti pubbliche e private che offrono informazione, intrattenimento e musica per ogni gusto e fascia di età.

Quando il 1° Agosto 1981 nacque MTV, in molti dissero che la radio sarebbe morta mangiata dalla TV.

Stessa cosa si è detta e scritta nell’anno della pandemia con la nascita della App Clubhouse.

Invece la radio vive e anzi raggiunge sempre più persone, la sua forza forse non è più la musica (almeno non per tutte), ma la capacità di creare empatia e comunità.

La radio non sta più nascosta in cantina o su un piedistallo irraggiungibile, arriva tra la gente come cantava Eugenio Finardi, con tante iniziative coinvolgenti.

Io la faccio da più di quarant’anni e devo dire che ogni giorno mi regala sempre la stessa emozione.

Quando apro il microfono so che devo dare il 110% anche quando magari ho una giornata no, perché so che dalla parte opposta della radio, c’è sicuramente chi deve affrontare cose anche peggiori.

Auguri e altri cento giorni come questo.

 

 

 

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