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Amenra al Monk

Non si assiste a un concerto degli Amenra: lo si vive, lo si attraversa. È un’esperienza totalizzante, una liturgia oscura e profondamente catartica che va ben oltre la semplice esibizione musicale. La band belga, nata nel 1999 a Kortrijk, ha trasformato oltre vent’anni di carriera in un culto sonoro capace di scavare nell’animo di chi ascolta.

Sul palco del Monk la loro presenza è magnetica. Immobili e silenziosi tra un brano e l’altro, lasciano che sia la musica a parlare: un intreccio di doom metal, hardcore punk e post-rock, che si abbatte come un’onda ipnotica, densa di dolore, spiritualità e bellezza brutale. Ogni nota, ogni urlo, ogni silenzio sembra avere un peso specifico, una direzione, un significato più profondo.

La loro discografia, costruita attorno alla serie di album Mass, culmina nel monumentale De Doorn (2021), opera che segna un’evoluzione ulteriore del loro linguaggio sonoro. Ma è dal vivo che gli Amenra rivelano tutta la loro forza: i visual oscuri, la cura rituale delle luci e l’intensità performativa trasformano ogni concerto in un’esperienza quasi mistica.

Parte del collettivo artistico Church of Ra, il gruppo si muove su un piano espressivo ampio e stratificato, in cui musica, arte visiva e poesia convivono. E proprio questa complessità rende gli Amenra una delle realtà più affascinanti e rispettate della scena internazionale.

In un’epoca in cui tutto sembra gridare per attirare l’attenzione, Amenra sussurra con ferocia – e chi ascolta, non dimentica.

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