I Dish-Is-Nein tornano con “I Valori della Crisi”, una nuova versione del celebre brano dei Disciplinatha. A trent’anni di distanza, quelle parole risuonano più vere che mai: la crisi di valori non è finita, si è solo trasformata. Con un suono più moderno e potente, in linea con “Occidente – A Funeral Party”, la band ridà voce a un pezzo che continua a raccontare il nostro tempo — cupo, disorientato e in cerca di senso.
Abbiamo intervistato Cristiano Santini per 100Decibel per parlare di questo ritorno e del significato che “I Valori della Crisi” assume oggi, in un presente che sembra ancora riflettere le stesse ombre di ieri.

Cosa vi ha spinto a recuperare proprio il brano “I Valori della Crisi” dei Disciplinatha in questo momento storico?
In realtà avevamo preparato questa versione di “Crisi di Valori” insieme ad altri brani della vecchia produzione dei Disciplinatha, da abbinare live al materiale del nuovo album. Questo ha richiesto un lavoro di rielaborazione, da un punto di vista musicale, piuttosto radicale, per renderli omogenei con il sound di “Occidente – A Funeral Party”. Terminato questo lavoro ci siamo resi conto che la nuova versione era uscita davvero ben fatta, potente, perfettamente integrata con in resto della produzione e con un testo ancora “profeticamente” attuale, dopo oltre 30 anni dalla sua scrittura. Da qui è nata la successiva idea di finalizzare il brano in studio affinando ulteriormente la produzione e registrando batteria, basso e voci. Poi la scelta di rendere disponibile “I Valori della Crisi” sulle piattaforme streaming lo stesso giorno della nostra data al Locomotiv di Bologna, il 4 ottobre. Ripensando agli avvenimenti succedutisi in quella settimana, credo che mai periodo sia stato più indicato per l’uscita de “I Valori della Crisi”.
Quanto è cambiata la vostra visione artistica rispetto agli anni dei Disciplinatha?
Considerando il tempo passato, la formazione diversa, le persone che non ci sono più, la visione inevitabilmente cambia, ma al di là di tutto credo sia giusto così. Finché riterrò/riterremo di avere cose da dire, guarderemo davanti a noi non dietro, orgogliosi di quello che abbiamo fatto, ma concentrati ed attivi su quello che stiamo facendo e che faremo in futuro. Di gente che vive sul proprio passato, in questo ambiente, ce n’è fin troppa, a noi non interessa.
Quali elementi del vecchio brano avete voluto preservare e quali avete trasformato completamente?
Da un punto di vista musicale, la rielaborazione è stata profonda, totale mi verrebbe da dire. La musica andava del tutto contestualizzata per avere un sound moderno e contemporaneo. Diverso il discorso per le parole … lucidamente profetiche all’epoca, drammaticamente attuali oggi.
Come avete tradotto le tensioni sociali e culturali attuali nel sound del brano?
Nell’unico modo che sappiamo: rendendo il sound scuro, oppressivo, distopico. Non c’è spazio per momenti “accattivanti” o consolanti perché non abbiamo deretani da ossequiare né tantomeno rassicurazioni da dare, non ci interessa, non ci è mai interessato. Questo siamo, questo siamo sempre stati … uno specchio che riflette le miserie e le macerie che siamo così bravi (inteso come genere umano) a crearci. Ci viene benissimo, da sempre. Qualcuno cercava o si aspettava qualcosa di diverso? Come cantavano i Cure tempo fa “sorry, wrong number”.
Cosa sperate che l’ascoltatore provi ascoltando questa nuova versione di “I Valori della Crisi”?
Mah, francamente non saprei; credo ognuno filtri e viva ciò che ascolta in base al proprio background musicale, culturale, al proprio stato d’animo. Sarei già molto contento se chi ascolta questo brano lo facesse con un pò di attenzione, non distrattamente e superficialmente come purtroppo spesso oggi la musica viene fruita … solo intrattenimento, come un soprammobile anonimo che sta lì senza dare troppo nell’occhio … anche no grazie!