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I Karate al Monk di Roma – Un ritorno che lascia il segno

Roma, 18 maggio 2025. Un’atmosfera palpabile di attesa aleggia nell’aria mentre il Monk accoglie i Karate per un’altra data del loro tour italiano. A distanza di una settimana dalla prima performance sold-out, che aveva mandato in estasi i fan della band, il gruppo di Geoff Farina torna a calcare il palco romano, ancora una volta di fronte a una sala completamente gremita. In un mondo musicale che sembra correre sempre più velocemente, i Karate sembrano avere il potere di fermare il tempo, e lo fanno con una serata che si rivela, ancora una volta, memorabile.

Un ritorno che sapeva di attesa

Il pubblico, composto da fedeli e nuovi ascoltatori, attende con impazienza l’inizio del concerto. Per chi aveva visto la band solo pochi giorni prima, la sensazione è quella di un’ulteriore occasione per vivere una magia che si rinnova, un’invincibile certezza che la band Bostoniana non solo non ha perso un colpo, ma sembra addirittura più compatta e affiatata che mai. Il gruppo, che lo scorso autunno ha concluso le registrazioni di ‘Make It Fit’, primo lavoro dalla reunion e dopo vent’anni da ‘Pockets’, è tornato in tour con un bagaglio di freschezza che ha alimentato l’entusiasmo dei fan. A un’epoca di dischi digitali e tour spezzettati, il ritorno in studio per una band storica come i Karate è un evento che merita di essere celebrato.

Il concerto: energia e intimità in un colpo solo

Il Monk è il teatro perfetto per una performance come quella che si sviluppa davanti ai nostri occhi. La band apre il set con grande energia, ma è subito evidente che ciò che contraddistingue la band di Boston non è solo la potenza sonora, ma anche la capacità di creare una connessione intima con il pubblico. La scelta di non utilizzare effetti particolari di luce o scenografie contribuisce a mantenere l’attenzione sulla musica e sulla precisione esecutiva della band.

Un elemento che colpisce subito è il silenzio che regna in sala. Nonostante il locale sia pieno, non c’è spazio per distrazioni o rumori di sottofondo. Il pubblico ascolta rapito, assorbito dalle trame sonore intricate ma sempre lucide di brani che spaziano attraverso tutta la carriera del gruppo. Un silenzio che non è semplicemente un vuoto, ma la consapevolezza di essere di fronte a un evento raro, dove ogni nota e ogni pausa hanno il peso che meritano.

Geoff Farina, chitarrista e leader della band, appare più comunicativo che mai. Tra un brano e l’altro, si rivolge al pubblico con quel mix di calore e sincerità che da sempre contraddistingue il suo approccio sul palco. Il suo legame con Roma è evidente, e non manca di sottolinearlo, raccontando aneddoti che affondano le radici della band nella città, sin dai loro primi esordi. “Roma è sempre stata speciale per noi”, dice con un sorriso genuino, e il pubblico, che si sente parte di questa storia, reagisce con un applauso convinto.

Il setlist: una scelta sorprendente

Mentre la band prosegue il concerto, diventa chiaro che il loro setlist non è solo un riepilogo delle loro canzoni più famose. I Karate scelgono di andare a ripescare brani da ogni fase della loro carriera, con un’attenzione particolare agli album che li hanno resi celebri. Tuttavia, c’è una sorpresa: a differenza del passato, la band non suona nemmeno un brano da ‘In Place of Real Insight’, il loro secondo album che nel 1997 li catapultò nel cuore della scena indie-rock internazionale.

Un’assenza che non sfugge ai più attenti, ma che non ha scalfito nemmeno per un momento l’intensità di un concerto del genere, con questi maestri del post-rock che non sentono l’urgenza di seguire un copione o a dover eseguire dei delle “classiche”. La scelta di abbracciare una larga parte della loro discografia, senza vincoli, dimostra che la loro evoluzione musicale non è stata legata a un singolo periodo o a una sola etichetta. L’assenza di brani da ‘In Place of Real Insight’ potrebbe anche essere un segno di come i Karate non vogliano rimanere prigionieri di un album, ma continuino a spingersi verso nuovi orizzonti, pur restando fedeli a quella visione musicale che li ha contraddistinti fin dagli inizi.

La performance: un affiatamento impeccabile

Tuttavia, non c’è nulla di nostalgico o di calcato in questa serata. La band si esprime con una precisione millimetrica, pur mantenendo una libertà creativa che li ha sempre resi unici. La sezione ritmica, composta da Jeffrey Goddard al basso e Gavin McCarthy alla batteria, si mostra impeccabile, incastrandosi perfettamente nel flusso di energia che Geoff Farina costruisce con la sua chitarra. Le linee melodiche di chitarra si alternano a momenti di puro rock distorto, in un gioco di tensione e rilascio che coinvolge l’intero pubblico.

Ogni canzone viene suonata con una tale intensità che sembra di vivere un’esperienza unica, irripetibile. Non ci sono suoni perfetti o imperfezioni da risolvere: ogni gesto è pensato, eppure sembra scaturire spontaneo. La loro musica è quella che sa cogliere la complessità del quotidiano, rendendola elegante e semplice al tempo stesso.

Un legame profondo con la città eterna

Un altro aspetto che emerge durante il concerto è il legame viscerale che i Karate hanno con Roma. Questo non è un semplice tour: è un ritorno alle radici. Una settimana fa, la band ha dato il via alla sua seconda data romana in un sold-out che, come sottolineato dai membri stessi, ha superato ogni aspettativa. La passione di Roma per la band è qualcosa di tangibile, e il loro affetto per la città è ricambiato con un calore che si è percepito dal primo all’ultimo minuto della serata. Durante il concerto del Monk, la risposta del pubblico è stata entusiasta, calorosa, ma mai invadente. C’era un rispetto per la musica che si traduceva in un silenzio quasi religioso, interrotto solo dagli applausi convinti che seguivano ogni brano.

Un’arte senza tempo

Quando il concerto arriva al termine, il pubblico, avvolto in una sensazione di soddisfazione, è consapevole di aver assistito a un’esperienza che trascende la semplice esibizione dal vivo. Non c’è solo la nostalgia per una fervida epoca forse irripetibile, ma anche la consapevolezza che i Karate sono una band che continua a evolversi, a sfornare nuove idee e a portare avanti un discorso musicale che ha ripreso il discorso esattamente dove lo aveva interrotto molti anni fa, senza cercare di assecondare mode o tendenze. Il loro ritorno in studio e la scelta di riprendere un tour capillare dimostrano che la band non ha paura di rinnovarsi, pur mantenendo intatto il loro spirito che da sempre li ha resi unici nel panorama musicale internazionale.

In un music biz alle corde e troppo spesso dominato dalla frenesia dei trend, i Karate rappresentano un faro di autenticità e maestria. La serata al Monk è stata un chiaro esempio del motivo per cui questa band ha conquistato il cuore di così tanti fan, non solo a Roma, ma in tutto il mondo.

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