È difficile immaginare Napoli senza il suono del sax di James Senese.
Quel timbro graffiato, profondo, che sembrava arrivare dalla terra e dal mare insieme.
Oggi che se n’è andato, dopo una lunga malattia affrontata con la dignità e la forza che lo hanno sempre contraddistinto, resta un silenzio pesante, ma anche pieno di musica.
James non era solo un grande musicista, era un simbolo.
Figlio di un soldato afroamericano e di una donna napoletana, portava nel suo sangue la storia di due mondi e l’ha trasformata in arte.
Nella sua musica c’erano la rabbia e la speranza, la periferia e il riscatto, la malinconia e la festa.
Era Napoli nel senso più profondo del termine: contraddittoria, sincera, bellissima.
Lo abbiamo amato da solista e nei mille progetti che lo hanno visto protagonista, ma il suo nome resterà per sempre legato a quello di Pino Daniele.
Insieme hanno creato un suono che ha cambiato tutto: un blues mediterraneo, viscerale, che univa America e Vesuvio, jazz e strada, sogno e verità.
Quel sodalizio, lui al sax, Pino alla chitarra e alla voce, resta una delle pagine più emozionanti della nostra musica.
Negli anni, James ha continuato a suonare, a cercare, a dire quello che sentiva.
Non ha mai ceduto alla nostalgia, “la musica deve raccontare la verità”, diceva.
E la sua lo faceva, sempre.
Dura, sincera, piena di cuore. Anche quando il mondo correva altrove, lui restava fedele al suo ritmo, ai suoi compagni di sempre, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Joe Amoruso, quella famiglia musicale che ha scritto la colonna sonora di una città e di un’epoca.
Oggi lo ricordiamo anche come uomo: schivo, orgoglioso, vero.
Da fine Settembre era in ospedale, ma attorno a lui non è mai mancato l’affetto di chi gli ha voluto bene, dagli amici di una vita come Tullio De Piscopo e Nino D’Angelo, fino ai tanti musicisti più giovani che lo consideravano un maestro.
James Senese è stato uno dei pochi artisti capaci di attraversare i decenni senza mai tradirsi.
Con il suo sax ha raccontato la rabbia dei vicoli, la nostalgia del mare, la dignità del lavoro, la forza di restare sé stessi. Ha dato voce a chi voce non aveva.
E forse è questo il suo lascito più grande: averci insegnato che la musica vera nasce dalla verità.
Che non serve essere perfetti, basta essere veri.
Ciao James, ora che il tuo sax tace, è come se Napoli avesse perso un pezzo della sua anima.
Ma il tuo suono resta e continuerà a parlare per te, tra le note che non muoiono mai.