MARCO CANTINI: un disco generazionale Alessio Primio Mag 12, 2016 RECENSIONI Quello di Marco Cantini è un disco generazionale. Detta così potrebbe sembrare assai presuntuosa la cosa. Eppure l’impatto scenico ed emotivo – per non parlare di quello sociale e politico – che ho dovuto affrontare quando ho ascoltato questo suo nuovo lavoro dal titolo “Siamo noi quelli che aspettavamo”, è stato duro, rivoluzionario e assolutamente fastidioso. Duro: perchè è dura confrontarsi con la differenza tra chi fa musica per riempire e chi la fa per comunicare davvero qualcosa di se e della vita che si vede accadere attorno. Una separazione netta e indescrivibile che declassa istantaneamente tutto ciò che è riempitivo restituendo un valore artistico al resto quasi irraggiungibile. Rivoluzionario: perchè, calandomi nei panni delle nuove generazioni che di fronte spesso hanno solo grandissima immondizia spacciata per musica di qualità, un disco simile insegna e mostra come anche oggi esistono autori da poter paragonare, con le dovute proporzioni, a quelli che chiamiamo maestri. È assurdo quanto scrivo ma è l’istinto a guidare ogni parola…è d’istinto ho la sensazione che con un disco simile si possa rivoluzionare ogni metro di valutazione che fino a poco prima incoronava idoli e muoveva le mode. Fastidioso: assolutamente fastidioso vedere come al solito sui grandi palchi di scena ci sono solamente i 4 soliti nomi, di dubbio gusto e scarsissimi contenuti. Che sia l’ennesima tacita riprova di quanto il razzolar male dei ribelli della scena INDIE sia una bellissima manovra di popolo per dar il contentino all’etica e distrarre le attenzioni così da imitare meglio quel che passa in tv? Insomma: riepilogo. Si intitola “Siamo noi quelli che aspettavamo” il nuovo disco di Marco Cantini. Una canzone d’autore pregiata, di grandissimi testi che fanno cronaca e non poesia, che raccontano l’Italia e non l’amore con la compagna di scuola. Testi impegnati, difficili. E non prendiamo la scusa che siano troppo ermetici…si…è vero…sono ermetici. Difficili risalire al bando della matassa se non abbiamo mai vissuto o non conosciamo quella storia, ma la rete e le tante pubblicazioni ricevute ormai aiutano a capire ogni cosa: e si parla di Bologna, del 1977, si parla di Andrea Pazienza nel singolo a lui dedicato “Pazienza”, si parla di droga e delle sommosse studentesche, dei carri armati per le vie della città e di tutto il movimento artistico dell’epoca. Quindi fa cronaca…e non poesia. Il tutto incastrato su misura in un suono che sembra velluto, che sembra di piuma, che accompagna la voce e la sua faccia e non ha per niente l’arroganza di esser lei la prima donna dello spettacolo. Nel brano “Cinque ragazzi” incontriamo anche le vocei di Enriquez della Bandabardò e di Luca Lanzi de la Casa del Vento. Davvero un bellissimo disco. Comments comments