Archeologo, chitarrista, professore: Giuseppe Cusano ci svela le sue sfumature Samanta Di Giorgio Set 18, 2013 INTERVISTE Quando diventi redattrice di una webzine che tratta di musica live, di giri per concerti e locali ne fai davvero tanti. Incontri molta gente e inizi a riconoscere i clienti abituali di un locale piuttosto di un altro, i fans che seguono senza sosta i loro miti e quelli che per caso capitano in un posto e restano affascinati dagli artisti che magari vedono per la prima volta. Questa è la notte dei live. Ma la nostra attenzione è sempre focalizzata su ciò che succede sul palco. E quindi più spesso di quanto vorremmo, la nostra attenzione viene catturata da un singolo componente che nella band riesce a spiccare più di altri, magari per la sua grinta, il suo carisma, oppure perché ti fa pensare: “ma come fa’ quello lì a suonare così?” Oppure “ma davvero quello è il chitarrista del gruppo?”. E quando lo scetticismo non può far altro che lasciar spazio allo stupore che la bravura del soggetto in questione ti scaturisce, ecco che si iniziano a fare mille supposizioni su chi possa essere e da dove tira fuori tutto quel talento. Questa volta, abbiamo lasciato da parte le supposizioni e siamo andati personalmente a conoscere Giuseppe Cusano: un ragazzo timido e riservato, che quando impugna la chitarra ti fa dimenticare tutto ciò che ti circonda! Ciao Giuseppe e grazie per essere venuto tra i pixel di 100 Decibel. Grazie a voi, e a tutti i vostri pixel! Ti abbiamo visto diverse volte esibirti dal vivo, sia con gli Steel Tyrant che da solista. E non possiamo che farti i complimenti per la tua bravura. Quanti anni sono che suoni la chitarra? Grazie! In effetti le occasioni per fare un po’ di casino in giro non mancano, per fortuna. Ho iniziato nel 1989, ed è stato subito Rock! Dopo tutto questo tempo, ti eserciti sempre od ormai non ne hai più bisogno? Cerco di mantenermi sempre in esercizio e di migliorare. Una buona parte della musica che ascolto è fatta da gente che sa suonare davvero, e questo ha sempre influito sul mio modo di fare musica. Mi piace unire l’esercizio in senso stretto all’esecuzione dei brani o all’improvvisazione, ma ovviamente non mancano i momenti in cui decido di isolare delle parti tecnicamente impegnative per studiarle meglio. Quando hai capito che la chitarra sarebbe diventata il tuo strumento? Sono sempre stato affascinato dalla musica, ma credo che il primo richiamo delle sei corde sia avvenuto intorno ai 15-16 anni, quando ho iniziato ad essere sempre più attratto dal suono della chitarra nelle canzoni che ascoltavo. Di lì a poco è arrivata la prima “bambina”, e ci sono cascato con tutte le scarpe… per fortuna ( 😀 ). C’è stato un momento nella tua vita in cui hai pensato: “basta! Smetto con la musica” o che pensavi di aver scelto lo strumento sbagliato? Mai. Sapevo di voler suonare la chitarra già prima di cominciare, ed ho sempre saputo che doveva essere lei. Non la definirei nemmeno una scelta, è successo in maniera molto spontanea. Ci sono stati periodi in cui ho dovuto rallentare un po’ a causa di impegni extra-musicali, ma il fuoco del Rock non si spegne così, per due impegnucci fra i piedi (:D). Come dicevamo prima, ti abbiamo visto sia come solista che in una cover band. In quale veste ti ritrovi meglio: nel lupo solitario o in mezzo al branco? Di solito i branchi che mi scelgo sono belli divertenti, di quelli che inducono all’ululato chi ci sta dentro ( 😀 ). Quello del casino in buona compagnia è un elemento che mi fa molto apprezzare la dimensione della band. Mi sa tanto che preferisco il branco… Suoni solo di altri o sei anche un compositore? Mi diverto a studiare le canzoni degli artisti che mi piacciono e a suonarle dal vivo. Credo che sia un ottimo sistema per migliorare sia musicalmente che tecnicamente, e sicuramente mi ha anche aiutato a scrivere dei pezzi miei, sia da solo che in gruppo. Ho sempre suonato in band di musica originale. L’esperienza più recente con pezzi inediti l’ho fatta con i Chronoclone, con i quali siamo un attimo in stand-by per impegni vari. E quando avremo l’onore di poter ascoltare i tuoi pezzi? Spero presto! Ultimamente mi sono messo a riordinare vecchie idee e a tirarne fuori di nuove. Staremo a vedere… Durante una tua esibizione che vedeva l’esecuzione di brani di Joe Satriani, hai affermato che anche riproponendo brani famosi cerchi sempre di mettere dentro qualcosa di tuo. Come mai questa scelta? In realtà, per me è il modo più naturale per eseguire i pezzi del vecchio Satch, come anche quelli di altri artisti. So che è una cosa comune a molti musicisti che si confrontano con le cover. Il mio criterio, in generale, è quello di rimanere fedele alle melodie che caratterizzano maggiormente le parti solistiche, o comunque quelle che mi colpiscono di più, e di lasciarmi andare parecchio all’improvvisazione. Ci sono poi quegli artisti che compongono melodie talmente particolari che non ti lasciano molti margini di variazione. Steve Vai, per esempio, è uno di quelli. Trovi che sia più “facile” farsi apprezzare dal pubblico rivisitando qualcosa di già famoso o tentare la strada dell’ignoto proponendo cose nuove? Da una parte è vero che anche in una cover hai la possibilità di esprimere la tua creatività, ma scrivere cose originali richiede molto lavoro in più… e lì non hai alle spalle il mostro sacro di turno: hai le tue idee e le tue capacità di esprimerle a chi ti ascolta. Oggi come oggi, quanto pensi sia difficile emergere nel mondo della musica? Credo che non sia mai stata una passeggiata, ma da una ventina d’anni a questa parte le cose si sono fatte parecchio più complicate. So di turnisti che hanno campato più che dignitosamente per decenni, e ora non accettano più serate perché non gli conviene. Non parliamo poi degli autori: il luogo comune della gente di talento che non ha abbastanza spazio, è vero. Di creatività, ad alti livelli commerciali, ce ne sta, ma quella che non riesce ad arrivare al successo che merita è assai di più… Quanto conta il famoso “fattore c” e quanto incide invece la sola bravura? Servono tutti e due. Ma il primo, senza il secondo, ha durata breve. Credo che anche nel cosiddetto “commerciale”, il talento sia indispensabile, in linea di massima. Da chitarrista professionista, che consiglio ti senti di dare ai giovani ragazzi che, novelli, si affacciano al mondo della musica? Per chi è alle prime armi: suonate tantissimo, fatevi una band, imparate le canzoni dei gruppi che amate e fatevi ispirare da loro per la musica che scrivete. E cercate di farlo sempre in situazioni divertenti: di solito, quando non vi piace quello che suonate le cose non funzionano molto bene… di solito. E alzate quel volume!!! In una chiacchierata informale, abbiamo scoperto che non sei solo un bravissimo chitarrista, ma soprattutto un archeologo. Ti senti più un chitarrista con una pala in mano, o un archeologo con una chitarra in mano? Ahahah! Probabilmente un chitarrista con la pala appoggiata in un angolo… pronta all’uso. Si può oggi vivere delle proprie passioni? Dai piani alti ci rendono le cose un po’ difficili, ma qui dobbiamo tenere duro: se riusciamo a mantenere le passioni, ci si guadagna di sicuro in molte cose …e magari anche la pagnotta riusciamo a portarla a casa. Tra le altre cose, sei all’interno dell’associazione L’Isola dell’Arte come professore, ovviamente, di chitarra. Cosa ci racconti di quest’esperienza? Il lavoro che svolgo con la scuola mi da molte soddisfazioni. Mi piace insegnare, e mi piace farlo in un clima come quello dell’Isola, così familiare e positivo. I ragazzi che dirigono l’associazione stanno facendo un lavoro esemplare, sia con le attività didattiche che con l’organizzazione degli eventi. Come si comportano i tuoi allievi? Ogni tanto arrivano dei soggetti che mi impressionano per la velocità con cui apprendono… da rimanere a bocca aperta. Quando è così, mi piace ancora di più. E tu come sei: professore bacchettone super esigente, o prof amicone? Decisamente più tendente all’amicone, anche se cerco di mantenere un equilibrio tra questa figura e quella dell’insegnante. Di sicuro non bacchettone, anche perché il mio percorso con la chitarra è sempre stato molto libero e istintivo fin dall’inizio, e questo è l’approccio che mi viene naturale anche nell’insegnamento. Dacci almeno un buon motivo per cui gli allievi lì, davanti agli schermi del pc, dovrebbero scegliere proprio te come loro professore. Dunque, vediamo. Magari chi vuole un approccio libero e istintivo potrebbe farci il pensierino… Sei una persona molto timida, riservata e (ne siamo certi) anche buona. Mai si direbbe di te che prediligi il metal. Ti abbiamo però sentito suonare anche generi diversi. C’è un genere che più di tutti ti rispecchia? Mi hai chiamato buono? A me? A un metallaro? Come ti permetti! ( 😀 ). Ora mi sento come Carlo Verdone / Oscar Pettinari in “Troppo forte”, quando lo escludono al provino perché ha la faccia da buono. Scherzi a parte, in genere, fin quando è possibile, mi piace essere gentile con chi ho intorno. Questa è una cosa che riscontro di continuo in molti musicisti che, sul palco, ci vanno pesante coi decibel. Parlo anche di persone famose, che di persona sono tutt’altro che arroganti. Mi piace ascoltare diversi generi, ma il sound che mi piace avere quando suono è molto vicino all’area Hard Rock / Classic Metal. Mi piace molto suonare anche in acustico. (Se si) cosa ti da’ questo genere che gli altri non riescono a darti? È soprattutto un fatto di espressione di potenza, che è una cosa ben diversa dall’aggressività. Quando ci sento la cattiveria e basta, mi piace di meno… Prossimi progetti? Continuerò coi tributi di cui abbiamo già parlato, e magari approfondirò lo studio di alcuni chitarristi. Per quanto riguarda la musica originale, sto collaborando col cantautore Kari Rummukainen, in un progetto acustico. E poi sto lavorando su alcuni miei pezzi strumentali da solista. Giuseppe, noi ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato. Ti lasciamo l’ultima parola per salutare i nostri lettori e speriamo di poter assistere quanto prima ad una tua performance, da solo o in compagnia. Grazie a voi e a tutti e Cento i Decibel per l’ospitalità. Ciao lettori! Ci vediamo sul palco! Rock ‘n Roll!!! Comments comments